Il
rapporto tra una donna e il suo cane, tra essere umano ed essere canino: “My
Dog is My Piano” è l’ultimo lavoro della coreografa e film-maker tedesca Antonia Baehr,
la cui ricerca si contraddistingue per una metodologia di lavoro non
disciplinare, che si avvale di collaborazioni differenti tramite l’uso di una
struttura a ruoli commutativi in cui ognuno è per gli altri alternativamente
regista, autore e performer.
Formatasi
con Vallie Export, nota artista femminista, Antonia Baehr è solita vestirsi da dandy. Veste sul palco come veste nella vita. È questa
una sua caratteristica così come lo “sdoppiamento”,
l’interpretare altri personaggi, gli “alter ego”, come lei stessa li definisce: “…in questo momento anche Antonia Baehr
potrebbe essere un personaggio, ma non la chiamo così nel mio passaporto”.
La continua ricerca della performer tedesca spazia
in ogni sorta di linguaggio comunicativo. Risale al 2007 un lavoro
singolare incentrato sull’atto del ridere
(Rire/Laugh/Lachen), nel quale l’artista chiedeva in regalo, ad amici
e conoscenti, per il suo compleanno, una "partitura di risata" che
doveva essere una composizione incentrata sull'atto di ridere e non sul
desiderio di risultare divertente. Sul palco l’artista esplorava
quest’espressione come un'entità sovrana, separandola dal bagaglio causale dato
dallo scherzo o dalla gioia e guardando “la cosa in sé”: il suono e la forma,
la musica, la coreografia, il ritmo e il gesto della risata.
“Solo in parte, ciò che mi interessa è
l’interazione tra me e chi mi sta guardando e lo spazio del teatro è uno
straordinario laboratorio di indagine. Un’interazione che quasi sempre non
cerco attraverso la parola.”
Uno è veloce. L’altra lenta. Uno inghiotte il suo cibo, l’altra lo assapora. Uno è al principio della propria
esistenza, l’altra ne ha iniziato l’ultimo quarto. Lei conosce i suoi antenati per almeno sei generazioni, l’altro è
inconsapevole fin dei propri nonni. Entrambi hanno estremità metalliche nei
propri corpi: Tocki e Bettina von Arnim, in “My dog is my piano”, vivono insieme nella stessa casa ma non
parlano la stessa lingua. Si assomigliano appena ma sono un tutt’uno: con
queste parole, Antonia Baehr presenta la performance in cui tratteggia un
ritratto acustico e soggettivo dell’affinità fra sua madre e il suo cane.
La casa in cui abitano può essere letta come lo
spartito musicale delle storie di coabitazione umana-canina?
Che tipo di linguaggio emerge da questo lungo duetto
di quotidiani andirivieni, da queste coreografie di affinità?
Tutto questo in uno spazio neutro in cui neutralità significa azzeramento.
“[…]Che cos’è lo zero? Esiste uno zero? E che cos’è
normale e cosa non è normale? Si suppone che L’uomo vitruviano di Leonardo
da Vinci sia una figura neutrale, ma in definitiva è un maschio bianco. Questa
è la dimostrazione della confusione tra normalità e neutralità. Le categorie di
genere esistono è per questo che spesso in teatro si lavora sull’appropriazione
e sulla caratterizzazione delle stesse.”
[intervista ad
A. Baehr di J. Malvezzi, Incursioni > Santarcangelo41 > 2011]
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