“L’attore è femmina”, scrive Valère Novarina. Solo il corpo femminile può crescere una parola che al suo
apparire abbia i colori della nascita. Solo gli occhi di una donna possono
portare nello sguardo la furia di Pentesilea, figura
della mitologia greca e regina
delle Amazzoni. Al maschio non
resta che fingere, nella verità del corpo in scena, di non essere un appestato,
di essere un soldato, di essere un eroe. Specchio delle condizioni psichiche
disturbate del suo autore: è questa la Pentesilea del dramma di Heinrich von Kleist.
Attrice in molte delle messinscene di Lenz Rifrazioni, Sandra Soncini va alla ricerca del respiro che precipiti la parola
nel pieno di fronte a sé; presenza sospesa nel vuoto,
che la parola stessa creerà. Parola nata nel ventre, risalita ancora muta alle
corde vocali, nemica al cervello, parola che cerca un’uscita attraverso i buchi
della carne.
Rapporto tra i sessi e identificazione di genere: questi i temi
dominanti. Pentesilea, si fa infatti condurre alla follia
dalla passione amorosa, uccidendo l’amante in un
duello personale, e profanandone il cadavere smembrandolo a morsi.
L’apparizione e la rivelazione dell’essere, degli enigmi, dell’essenza
del tutto. La coscienza tesa all’estremo. Tutto ha
perso la sua presenza sull’uomo.
Formatasi come danzatrice, Sandra Soncini ha collaborato come attrice
con Lenz Rifrazioni in “La morte di Empedocle” e “Antigone” di Hölderlin, nei
progetti dedicati a Goethe, Kleist, Shakespeare, Calderón de la Barca e ai
Fratelli Grimm; nel 2008 debutta con la performance “Io” tratta dalle
Metamorfosi di Ovidio. Dal 2009 collabora con l’Accademia degli Artefatti.
Marianna Saggese
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